Shoah: alimentazione
Oggi in tutto il Mondo si celebra la Giornata della memoria. E’ dal 2000 che una legge stabilisce che “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.”.
La giornata della memoria risale alla II guerra mondiale, dove i nazisti tedeschi ed italiani si erano imposti di raggiungere l’obiettivo di sterminare l’intera popolazione ebrea presente sulla terra, obiettivo raggiunto con metodologie sempre più scientificamente organizzate, sempre più annientatrici e distruttive fino alla messa in opera di veri e propri campi di sterminio (lager in tedesco) dove venivano concentrati gli ebrei che, sottoposti a torture ed a malnutrizione, attendevano la morte. I campi erano disseminati su tutto il territorio tedesco e in parte in quello polacco. Il viaggio dei deportati iniziava dalle città natali quando l’esercito nazista strappava dalle loro case tutti coloro che erano riconosciuti come ebrei. Gli uomini erano quindi caricati su vagoni merci che erano di piccole dimensioni se considerate in rapporto al numero di persone che vi erano stipate. Alcune persone morivano di freddo, di fame, di soffocamento, durante il viaggio che poteva durare anche diversi giorni a seconda della destinazione e dal luogo di imbarco. A bordo non venivano concesse né razioni di cibo né d’acqua, né la possibilità di conoscere la meta o di espletare alle proprie funzioni fisiologiche. I vagoni erano bui e le feritoie chiuse da filo spinato; la gente si accalcava vicino agli spiragli di luce per scorgere il mondo al di fuori del veicolo. L’arrivo nel campo e la selezione primaria non appena i vagoni entravano nell’austerità dei campi di sterminio, i deportati venivano assaliti dall’acre odore che proveniva dalle ciminiere che ogni giorno bruciavano centinaia di corpi. Costretti a scendere dai convogli a forza, gli ebrei erano quindi divisi tra donne e uomini e giudicati sommariamente dagli impiegati delle SS. In base allo stato di salute apparente delle persone si valutava se queste potessero o meno lavorare e sopportare per qualche tempo le condizioni del campo. Bambini, deboli, vecchi, malati venivano uccisi subito.
Tutti i deportati soffrivano pene atroci: una di queste era la fame, che portava a condizioni di salute pessime. I deportati diventavano soltanto scheletri e le articolazioni si gonfiavano. In tutti i campi il cibo distribuito era poco più che niente: generalmente venivano dati un pezzo di pane da 150 o 300 grammi, un po’ di acqua e della zuppa, che era brodaglia sulla quale galleggiavano vermi, piselli secchi o carne decomposta; la razione di cibo, nel migliore dei casi, non superava le 1300 calorie. La fame nei campi diventava un incubo e un’ossessione, dalla quale era impossibile scappare. La malnutrizione aveva trasformato bambini sorridenti in gracili figure, spaventate a tal punto da non riuscire nemmeno a capire le implicazione di quella liberazione, di cui ormai si era persa ogni speranza.
Con “malnutrizione” si intende uno squilibrio – una carenza o un eccesso – nell’assunzione di nutrienti e altri fattori necessari per una vita sana. La malnutrizione si può manifestare come denutrizione, carenza di vitamine o minerali, o sovralimentazione.
un ottimo modo per “RICORDARE” un tale scempio, tanta gente orribilmente uccisa, massacrata.
ha ragione chi definisce l’uomo “il più feroce degli esseri viventi” speriamo che nessun dimentichi questo olocausto e l’orrore che si prova soltanto a parlarne rimanga indelebile ad impedire che possa ripetersi contro qualsiasi essere umano.